Helis.blog : “Francia e Spagna hanno un problema di democrazia”

Il movimento indipendentista Corsica Libera dal 2015 al 2021 ha fatto parte assieme agli autonomisti del primo governo nazionale còrso dai tempi dell’esperienza repubblicana di Pasquale Paoli e ha espresso il primo Presidente dell’Assemblea di Corsica indipendentista, Jean-Guy Talamoni. Il movimento ha inviato una sua delegazione ufficiale in Sardegna per presenziare al sit-in contro l’estradizione del presidente catalano in esilio Carles Puigdemont e per la democrazia in Catalogna. Helis ha potuto confrontarsi con Jean-Daniel Cortopassi, delegato della sezione di Bastia di Corsica Libera. Sassari, 04/10/2021. Corte d’Appello. Delegazione di Corsica Libera in attesa della sentenza sull’estradizione di Carles Puigdemont. Foto Marcello Saba Oggi qui a Sassari si ritrovano assieme esponenti indipendentisti di tre nazioni europee – Sardegna, Catalogna e Corsica – per sostenere il presidente Puigdemont e, probabilmente, ad assistere all’ennesima sconfitta dei tribunali spagnoli causata dalle leggi del sistema giudiziario europeo. Cosa accomuna il nostro impegno politico? Quali le analogie nei rapporti di forza tra le nostre nazioni, l’Europa e, rispettivamente, gli Stati italiano, spagnolo e francese? Siamo venuti qui in Sardegna perché il nostro dovere è sostenere il presidente Carles Puigdemont in quanto in questo momento interpreta e rappresenta il simbolo dell’indipendentismo nel mondo e in particolare in Europa. Per la Corsica, la Sardegna e la Catalogna la questione centrale e comune della lotta è quale sarà, nell’Europa di domani, il destino dei nostri diritti come quello alla libertà nazionale, all’autodeterminazione, al riconoscimento e alla liberazione dei prigionieri politici e dei ricercati. L’Europa attuale, gli Stati attuali, sono caratterizzati dalla negazione di questi diritti. Ed è per questo che noi dobbiamo necessariamente continuare il nostro impegno e la nostra lotta. Per noi piccoli popoli senza Stato è importante unirci alla Catalogna nel suo cammino verso la libertà e verso una nuova Europa di popoli liberi ed emancipati. Nel nostro caso l’indipendentismo moderno è impegnato in una lotta lunga quaranta anni. Sassari, 04/10/2021. La delegazione di Corsica Libera incontra Jordi Sanchez, ex presidente dell’ANC che ha scontato anni di carcere per le manifestazioni nonviolente catalane. Al centro Jean-Marc Rodriguez, sindaco di Venacu e responsabile delle relazioni internazionali di Corsica Libera. Foto Marcello Saba Il fatto che i tribunali di tutta Europa non stiano assecondando le richieste spagnole di arrestare Puigdemont è un fatto importante. Ma rimane comunque lo scoglio degli Stati che impediscono l’espressione democratica della volontà popolare o che ignorano totalmente i risultati delle elezioni territoriali. Cosa possiamo fare dal vostro punto di vista? Sicuramente, è molto importante. Ma effettivamente rimane il problema degli Stati che in tutta Europa non accettano che i popoli siano padroni del proprio futuro. Dobbiamo continuare a impegnarci, dobbiamo attivarci nelle strade, nelle comunità, a livello istituzionale; dobbiamo far capire alla gente l’importanza di far crescere un popolo, di rafforzare le sue istituzioni per costruire un Paese che non dipenda dalla Francia, dalla Spagna o dall’Italia. Abbiamo il diritto storico ad essere padroni del nostro futuro. Quindi dobbiamo dibattere, confrontarci con la gente, per la strada e nelle sedi europee, per far sì che un domani questi nostri popoli e queste nostre nazioni senza Stato possano accedere al diritto all’autodeterminazione. D’altronde i nostri sono popoli con una Storia di libertà, siamo già stati liberi nel corso della Storia. Dobbiamo continuare a incontrarci. Dobbiamo coalizzarci e fare pressione in Europa per rivendicare la nostra Storia e i diritti che ci spettano. Sassari, 04/10/2021. Antone Simoni di Corsica Libera con Elisenda Paluzie, presidente dell’ANC. Foto Marcello Saba La Francia accetta che in Nuova Caledonia – collettività d’oltremare che ha rappresentanti nel Parlamento francese – vengano celebrati referendum sull’indipendenza mentre nei confronti del Governo còrso c’è una totale chiusura al dialogo anche su temi molto più semplici come l’autonomia e lo status della Lingua còrsa. Come si spiega questa differenza di trattamento così grande? Penso che la differenza sia semplicemente il fatto che la Corsica è molto vicina alla Francia, nel mezzo del Mediterraneo. Se un domani la Nuova Caledonia diventerà indipendente – tanto meglio per loro – per i francesi si tratterà di una cosa lontana, impalpabile, con poco impatto sull’opinione pubblica. Al contrario la Francia non accetta il dialogo con la vicina Corsica e rifiutando il dialogo non prende in considerazione il voto indipendentista e autonomista che ha espresso maggioranze di governo molto ampie. La Francia in Corsica ha un problema di democrazia. Sassari, 04/10/2021. Delegazione di Corsica Libera con Elisenda Paluzie (ANC), esponenti di iRS e SNI. Sulla destra l’eurodeputata in esilio Clara Ponsatì e Jordi Mirò, presidente di Estat Català. Foto Marcello Saba Nell’ultima sua visita in Corsica il presidente francese Emmanuel Macron ha pronunciato un discorso nel quale ha semplicemente ignorato le reiterate proposte di dialogo del Governo còrso. Una situazione abbastanza umiliante e imbarazzante a livello istituzionale aggravata dall’inopportuna decisione di perquisire personalmente all’ingresso dell’incontro pubblico le più alte cariche istituzionali còrse compresi i Sindaci come quello di Aiacciu che non sono neanche indipendentisti. L’immagine di un presidente francese che viene nel nostro Paese – in una regione amministrativa francese, dal suo punto di vista – e rifiuta totalmente il dialogo con un Governo eletto con il 57% dei voti equivale ad affermare che per lui in Corsica i nazionalisti semplicemente non esistono, non esiste il popolo. Dove sono i diritti? Dov’è il diritto alla libertà? Dov’è la democrazia? Da molti anni gli indipendentisti e gli autonomisti gestiscono l’Assemblea di Corsica. Come può il presidente francese non tenere in in considerazione i risultati elettorali e la legittimità delle istituzioni còrse? Lo stesso problema esiste nella porzione di Paese Basco amministrato dallo Stato francese. Delegati di Corsica Libera con Jordi Sanchez e Simone Maulu (iRS/Helis). Foto Marcello Saba Dal punto di vista dell’indipendentismo sardo l’esperienza della lista unitaria Pè a Corsica dal 2015 in poi è stata qualcosa di molto entusiasmante che ha dato speranza e ha ispirato processi di dialogo e riavvicinamenti politici e umani. Vedere come è finita e vedere come poi sono andate le elezioni ha instillato in noi una profonda tristezza. È crollato una sorta di mito. Ora ci chiediamo come la base, gli attivisti, i militanti, hanno vissuto questa separazione, questa interruzione improvvisa di un accordo che, secondo i patti, avrebbe dovuto essere decennale. Nel 2015 al secondo turno delle elezioni territoriali còrse abbiamo costruito un’alleanza storica tra autonomisti e indipendentisti che ha consentito ai nazionalisti di vincere il secondo turno. Due anni dopo, per le successive elezioni, l’unione è stata riproposta e ha ottenuto un nuovo risultato storico perché il 57% dei cittadini còrsi, autonomisti e indipendentisti assieme, hanno detto a gran voce che la Corsica non è un dipartimento francese. La convivenza tra autonomisti e indipendentisti non è semplice ma sui temi dell’amministrazione concreta, sui problemi quotidiani del nostro popolo, è utile e normale che le due anime lavorino assieme e sostengano insieme un progetto comune. Chiaramente autonomisti e indipendentisti non sono la stessa cosa, ma siamo riusciti a lavorare assieme. Purtroppo però, in Corsica come in altre parti d’Europa, al di là delle differenze ideologiche c’è un problema di uomini e di carrierismo. Bisogna dirlo onestamente. Il movimento di Corsica Libera e le varie sigle che lo hanno preceduto hanno portato avanti la lotta indipendentista per decenni, hanno lavorato molto, hanno scontato anni di carcere, si sono impegnati nel governo assieme agli autonomisti. In cambio gli autonomisti hanno preso tutto questo lavoro e lo hanno sprecato in nome di un loro cammino solitario ispirato da una non meglio identificata necessità di costruire alleanze tra la destra e la sinistra. Ma per noi questo non è un progetto politico, il vero problema è questo. L’alleanza tra noi e gli autonomisti aveva coinvolto la gente. Ora che questa esperienza è stata interrotta non possiamo fermarci, dobbiamo continuare nella nostra battaglia. Quali sono le prospettive attuali di Corsica Libera nelle istituzioni e nella società? Due mesi fa alle elezioni abbiamo ottenuto il 6.9%, un bel risultato che però per un centinaio di voti non è stato non sufficiente a farci entrare con le nostre forze nel Parlamento e a ottenere più di un eletto. Oggi Josepha Giacometti porta la voce di Corsica Libera nelle istituzioni e continuerà a lavorare con il movimento. Corsica Libera, sia nell’Assemblea sia in strada, continuerà a muoversi e a lottare. Tra qualche giorno terremo un’assemblea nazionale nella quale faremo ripartire il movimento su una base politica chiara, per definire il ruolo e il lavoro degli indipendentisti negli prossimi anni. Per riprendere la strada.

Catalogne : Grande victoire aux élections des indépendantistes

Da Jordi Mirò u nostru currispudente è presidente di l‘Estat Català Le 14 février, ont eu lieu des élections au Parlement de Catalogne, une élection déclenchée au milieu de la pandémie de Covid et contre la volonté du gouvernement de Catalogne pour le danger qu’elles représentaient pour les citoyens. Il faut se rappeler que ce processus électoral a été atteint, bien que la législature n’ait pas été épuisée, car la justice espagnole avait disqualifié le président de la Generalitat, Quim Torra, pour avoir accroché une banderole sur le balcon du Palau de la Generalitat demandant la «Liberté des prisonniers politiques et des exilés». Un fait sans précédent dans tout État démocratique et une attaque frontale contre la liberté d’expression et la souveraineté du Parlement de Catalogne, car qui a le pouvoir d’élire ou de révoquer le Président de la Generalitat, c’est le Parlement. La Catalogne est en état de siège judiciaire depuis le 1er octobre 2017, depuis la menace de disqualification et d’emprisonnement des députés et du président du Parlement; avec des milliers de personnes inculpées pour leur implication dans les événements du 1er octobre ou plus tard. Nous ne devons pas oublier les longues peines infligées aux membres du gouvernement catalan, ni la persécution judiciaire en cours des membres du gouvernement en exil, dirigée par le président Carles Puigdemont, actuellement membre du Parlement Européen. Le gouvernement espagnol a forcé ces élections avec l’intention de former un gouvernement unioniste en Catalogne. C’est pourquoi il a ignoré les indications médicales, et le refus du gouvernement catalan, qui a proposé de tenir les élections en mai. Profitant du fait que le ministre de la Santé du gouvernement central était catalan, ils ont tenté de profiter de l’effet médiatique du ministre en tant que tête de liste au Parlement de Catalogne pour le Parti Socialiste. En raison de la pandémie, ces élections ont été marquées par un taux de participation très faible, avec un peu plus de 53%, l’un des plus bas de l’histoire. Ce faible taux de participation a nui aux grandes formations et a profité aux petites, avec un électorat plus fidèle. Au sein du bloc indépendantiste, il y a eu des résultats très proches entre ERC et Junts, donc il y avait une égalité technique. Lors des dernières élections, Junts était la force dirigeante du bloc indépendantiste et du deuxième ERC. Cette fois, c’est l’inverse: l’ERC a obtenu 33 députés et 32 Junts. Il est à noter que Junts a eu une scission: le secteur autonome de droite, héritier de l’ex-Convergència de Jordi Pujol, a quitté le parti en raison du virage pro-indépendance et progressiste de Junts sous la direction du président Carles Puigdemont, et il s’est présenté aux élections avec l’acronyme PDeCAT. Ils n’ont pas obtenu de représentation parlementaire, mais leurs 77 000 voix ont fait que Junts n’est pas resté, lors de ces élections, la force dirigeante du Parlement de Catalogne. Quoi qu’il en soit, Junts, bien qu’étant la deuxième force des députés et des votes, a été la première force électorale au niveau des communes et des régions de toute la Catalogne. Les anticapitalistes du CUP ont bénéficié du faible taux de participation et ont obtenu 9 députés; de très bons résultats qui les rapprochent aux 10 députés qu’ils ont déjà obtenus aux élections de 2015. Le faible taux de participation a également profité, au sein du camp unioniste, à l’extrême droite espagnole qui est entrée au Parlement de Catalogne pour la première fois. Le parti fasciste, Vox, a obtenu 11 députés et devient la quatrième force. Poursuivant dans le camp unioniste, Ciutadans (parti du centre anti-catalan), qui avait été le plus voté aux élections de 2017, a perdu la majorité de ses députés (il ne lui reste plus que 6 députés, sur les 36 qu’il avait), qui passent aux «socialistes» du PSC (la branche du PSOE en Catalogne), qui a obtenu 34 députés, ou à l’extrême droite de Vox. Les ex-communistes, En Comú Podem, restent avec les mêmes résultats: 8 députés. Ils sont définis comme équidistants; ils sont favorables à un référendum sur l’autodétermination, mais sont opposés à l’indépendance; à Madrid, ils gouvernent avec le PSOE; ils sont favorables à des portes ouvertes à l’immigration, mais à la mairie de Barcelone, ils ont pu gouverner grâce au soutien de Manuel Valls. Le PP, parti classique de droite, héritier direct du régime franquiste, deuxième parti d’Espagne, s’est retrouvé sans presque aucune représentation parlementaire: ses anciens électeurs ont préféré les fascistes de Vox et l’ont laissé avec 3 députés. Malgré tous les éléments qui s’y opposent, le mouvement indépendantiste a montré une santé de fer. Encore une fois, et c’est déjà la troisième fois : en 2015 et en 2017, malgré l’état d’exception que représentait l’article 155, ce 14 février 2021 le mouvement indépendantiste dans son ensemble a remporté les élections au Parlement de Catalogne. Ces élections du 14 Février supposaient un nouveau plébiscite pour le mouvement indépendantiste. Le résultat est clair : nous avons obtenu une majorité parlementaire des formations favorables à l’indépendance de la Catalogne et, pour la première fois, nous avons franchi le seuil de 50% des électeurs en faveur du fait que la Catalogne soie un État indépendant. Cela montre que l’indépendantisme ne souffre pas de l’épuisement, que n’est pas une proposition conjoncturelle et que la volonté d’indépendance reste plus forte que jamais. La communauté internationale doit prendre acte de la volonté de la majorité du peuple catalan et doit trouver les mécanismes pour résoudre le conflit. Le message des urnes a été clair: l’indépendantisme est le vainqueur des élections; il nous faut maintenant un gouvernement d’unité entre les forces indépendantistes pour faire avancer le pays, sortir de la grave crise économique et sanitaire et avancer de manière décisive, dans cette législature, vers l’indépendance de la Catalogne. 

Carles Puigdemont – Ancien président indépendantiste de Catalogne

Cher(e)s ami(e)s de Corsica Libera. Je vous remercie pour votre proposition de pouvoir ici vous adresser un message. Je vous remercie aussi pour votre soutien, un soutien que l’on connait depuis longtemps, mais surtout pour ces derniers mois pour tous ces prisonniers politiques, tous ces exilés, et pour tous ces citoyens qui se battent pour un droit fondamental : le droit à l’autodétermination des peuples.Merci à vous tous. Merci pour cet indéfectible soutien au moment où l’Etat espagnol a déclenché contre nous sa répression. Ce n’est pas uniquement un soutien à la Catalogne, c’est aussi un soutien à la démocratie et à cette Europe politique que nous voulons bâtir tous ensemble. Une Union Européenne dans laquelle nous pourrons enfin nous reconnaître, fondée sur la diversité des peuples et nations d’Europe, comme la Corse, la Catalogne et tout autre pays qui se bat pour ses droits. Merci de nous soutenir, et de nous accompagner dans ces douloureux moments. On y arrivera et on y arrivera bien. Il y a une seule façon pour bien y arriver, c’est de donner la parole aux citoyens, pour décider et s’exprimer par eux-mêmes, comme des personnes mûres et responsables pour leur peuple et nation. Je suis convaincu que ce qui va arriver pour la Catalogne arrivera aussi pour la Corse, avec ce droit à l’expression dans cette lutte pour une Europe politique qui puisse enfin reconnaître cette réalité : une Europe de la diversité, ouverte au monde et ouverte face au drame humain qui se déroule en Méditerranée et pour lequel l’Union Européenne s’est montré incapable de réagir. Cette Europe que nous voulons c’est celle que nous voulons bâtir à partir de la base et non du sommet. Merci. Il viendra le moment où nous aussi nous vous soutiendrons, un soutien de tout le peuple catalan, pas seulement pour la Corse mais aussi pour tous les peuples du monde qui se battent pour exercer leur droit à l’autodétermination. Ce n’est pas un droit inexistant ou artificiel, mais bel et bien le premier article de ce pacte civil et politique des Nations Unies que beaucoup d’autres nations et pays ont ratifié, y compris l’Etat Espagnol dans le cadre de sa constitution. Il faut l’exercer de manière démocratique et pacifique. Cela veut dire qu’il ne doit plus y avoir de prisonniers politiques, des exilés et des persécutés pour leur engagement politique. Tout cela n’est pas acceptable dans cette Europe dans laquelle nous voulons vivre et bâtir. Merci encore et j’espère vous revenir en personne et libre. Merci encore pour tout votre soutien.
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